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  • Roberta

I miei giorni in reparto maternità


Sono le 21, in reparto è calato il silenzio perché i familiari sono tornati a casa e i piccoli stanno ancora al nido. Io, come mio solito, esco dalla mia stanza, voglio passeggiare per scaricare un po' di tensione e allontanare pensieri "scomodi". Non ho molta scelta se non fare avanti e indietro per il corridoio. Sono triste e mi rivolgo a lei, una piccola statua di "Maria col suo bambino" che da sempre alla fine del lungo corridoio, "veglia" sulle mamme e i loro bimbi. Ho il mio bimbo "grande" a casa che mi aspetta e che non posso vedere perché il destino avverso ha voluto che al mio quinto giorno di ricovero gli venisse la febbre alta. Mi manca e mi sento in colpa nel non potergli stare vicino. Ho poi, il mio piccolino, chiuso li, nella culletta termica. Le infermiere, forse per tirarmi su, dicono di non preoccuparmi che è come se fosse "spiaggiato a prendere il sole". Non riesco a vederla così, lui è solo, quasi immobile. Il suo corpicino è nudo e i suoi occhi sono bendati. Quegli occhi che solo da pochi giorni si sono "aperti al mondo" ora questo mondo già glieli chiude. Non riesco ad accettare di non poterlo allattare, di non poterlo tenere con me, di non poterlo abbracciare e fargli sentire che ci sono e non sono andata via. Mi hanno detto che non posso allattarlo perché starebbe troppo tempo fuori e per loro è più importante che il suo corpo assorba più raggi UV possibili che il "nutrimento" in senso lato della sua mamma. Tutto questo non mi fa star bene. Decido di tirarmi il latte e mi viene "concesso" di daglielo. Mi sembra tutto così innaturale. Il mio piccolo da subito è stato estremamente competente per potersi nutrire dal e del mio seno che con molta generosità dal primo giorno è stato pronto a offrirsi a lui. Ora questo ci è negato. I valori del mio bambino non sono molto alti bensì al limite, la bilirubina ha deciso di giocare un po', a momenti sale, altri scende. Ma nulla è preoccupante. Anche se in realtà il segnale che passa è un altro. Forse ho fatto pena e, mentre piango nel mio letto, ecco che arriva lui, il mio piccolino. Ricordo ancora la sensazione che provai nel vederlo arrivare. Era stata una sorpresa. Ci hanno concesso di dormire insieme. In realtà ciò che ho fatto è tenerlo stretto a me tutta la notte, offrirgli il seno tutte le volte che ne sentisse il bisogno, perché in questo tempo indefinito, in cui siamo stati separati, avevo fatto delle ricerche e tutte convogliavano nella consapevolezza che più i bimbi mangiano e defecano più i valori della bilirubina scendono. Nessuno qui me lo aveva detto. In realtà poi la mattina successiva, dopo l'ennesimo, prelievo Lucio è tornato al caldo artificiale della culletta e io sono precipitata ancora una volta nel buio. Di questi 9 giorni di degenza, sarebbero dovuti essere 3, non ho un piacevole ricordo. La sensazione che mi porto è di non essere stata ascoltata abbastanza, mi son sentita sola senza un sostegno e senza riceve alcun tipo di informazione. Ho chiesto io di poter parlare con la pediatra! Il mio caso non era di certo un caso al limite, è comune che i bimbi nati prima del termine (ma non tanto prima, da poter parlare di prematuritá, Lucio è nato infatti alla 37 settimana) possano avere un calo della bilirubina. Credo che ci sia qualcosa da "aggiustare" che forse questo estremo controllo non è benefico. Ma ciò che a mio avviso è importante è "accompagnare" madre e bambino affinché possano vivere con più serenità e consapevolezza possibile anche i piccoli momenti di difficoltà e smarrimento, affinché non diventino poi grandi e ancora più difficili da gestire.


Opera: "Will you tell her" Denis Sarazhin

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